Imprenditoria femminile in Italia: tra crisi e resilienza – INDAGINE 2021

L’avvento della pandemia ha segnato un’importante battuta d’arresto per le imprese al femminile. Il Mastercard Index of Women Entrepreneurs, per esempio, ha rilevato che nel mondo l’87% delle imprenditrici ha registrato un impatto negativo sul proprio business.

QVC Italia ha deciso di sondare più approfonditamente questa situazione, commissionando ad InTribe l’Osservatorio sull’imprenditoria femminile in Italia.

Ad inizio 2020, in Italia le imprese al femminile erano 1.340.000 ed occupavano oltre 3 milioni di persone (il 22% del totale Italia).

Tra chiusure e mancate aperture di nuove aziende, durante 2020 l’imprenditoria femminile italiana ha visto un calo del 13%, a riprova che non solo le lavoratrici sono state colpite dalla crisi, ma anche chi è proprietaria di un’azienda.

Pre-covid il fenomeno era in crescita

I dati presentati sono ancora più allarmanti se si pensa che nel quinquennio 2015/2019, in valori assoluti l’aumento delle imprese femminili era stato più del triplo rispetto a quello delle imprese a conduzione maschile: +38.080 contro +12.704.

Nei cinque anni antecedenti la pandemia, quindi, le imprese femminili avevano contribuito al 75% dell’incremento complessivo di tutte le imprese in Italia, per un totale di 50.784 nuove aziende.

Anche se ancora fortemente concentrate nei settori più tradizionali, le imprese guidate da donne stavano crescendo soprattutto in settori più innovativi e con una intensità maggiore delle imprese maschili, in particolare nelle Attività professionali scientifiche e tecniche (+17,4% contro +9,3% di quelle maschili) e nell’Informatica e telecomunicazioni (+9,1%,contro il +8,9% delle maschili).

Quindi perchè siamo “tornati indietro”?

Senza voler semplificare o ridurre tutto ad una mera questione di sessimo, facendo un’analisi più approfondita è emerso che le principali ragioni di tale recessione sono imputabili a quattro fattori:

  1. Le imprese femminili sono molto piccole (il 96,8% ha meno di 10 addetti) e con liquidità inferiori rispetto alle grandi imprese.
  2. Sebbene sia statisticamente comprovato che le aziende al femminile siano più stabili, le imprenditrici hanno minor accesso al credito e ai finanziamenti di capitale rispetto agli uomini.
  3. Le donne operano mediamente nei settori maggiormente colpiti dalle restrizioni imposte dalla pandemia (servizi alla persona, ristorazione, istruzione e turismo).
  4. La chiusura e la trasformazione digitale dei servizi essenziali come la scuola, ha imposto principalmente alle donne di occuparsi della famiglia mettendo in secondo piano il lavoro, anche quando si è a capo di un’azienda.

Resilienza e mobilitazione internazionale

Dall’indagine netnografica delle conversazioni online delle imprenditrici italiane (in particolare in Linkedin) è emerso un segnale molto positivo: l’attuale scenario sfidante ha aumentato la loro voglia di farcela e l’adesione a movimenti di massa.

Le imprenditrici italiane si uniscono infatti sempre più in associazioni, fanno networking e avviano dialoghi proattivi con il mondo dell’economia e della politica, chiedendo a gran voce la parità di genere.

L’esempio più eclatante è l’iniziativa europea #halfofit promossa da Alexandra Geese, Membro del Parlamento Europeo, nata per chiedere agli organi dell’UE di promuovere maggiore parità tra donne e uomini.

Si richiede che almeno la metà del Recovery Fund europeo (Next Generation EU) sia spesa per l’uguaglianza tra i sessi e la promozione dei diritti delle donne.

In Italia Half of it diventa #GiustoMezzo: la causa è stata sostenuta da molte donne a capo di un’impresa e a partire dal mese di febbraio 2021 molte imprenditrici hanno aderito ai flash mob che si sono svolti sia in piazza sia online.

L’iniziativa ha raccolto l’adesione di oltre 40 associazioni e la raccolta di firme per diverse petizioni (principalmente in Linkedin e Facebook).

Il movimento che ruota attorno a #giustomezzo ha dato vita a veri e propri manifesti e specifiche richieste economico/politiche a maggior tutela delle donne.

Meno assistenzialismo, più proattività

In conclusione, le donne risultano essere le più colpite dalla pandemia anche a livello imprenditoriale, ma questa nuova crisi economica ha aumentato la voglia di farcela delle imprenditrici italiane, che stanno facendo sentire la propria voce e pretendono un cambiamento.

Imprenditrici e libere professioniste, iniziano ad essere ascoltate dalle istituzioni e hanno portato il dialogo ai più alti livelli politici, economici e sociali (senza mai parlare di assistenzialismo).

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